05/07/2024
Due over 75 su tre
vorrebbero pensioni più alte. Sei su dieci un accesso più rapido alle cure. Uno
su tre un aiuto con le nuove complesse tecnologie digitali. E 14 mila sono da
considerare fragili. Lo dice uno studio dell'Astat. A causa del cambiamento demografico,
anche in Alto Adige sale la quota di popolazione anziana (75 e più anni).
Questa fascia d'età
risulta essere la più fragile e più soggetta a patologie croniche; pertanto,
registra anche il maggior bisogno di prestazioni sanitarie e sociali.
Per capire le condizioni
attuali l'Astat, intervistando un campione di 1.700 anziani, ha effettuato un
sondaggio, "Indagine sugli anziani 2023", i cui risultati sono stati
pubblicati ieri. Dal campione sono escluse le persone che vivono nelle Rsa e
quelle che per motivi di salute non sono in grado di compilare il questionario
da sole o con il supporto di un familiare.
A integrare, l'Istituto
altoatesino di Medicina Generale e Public Health commenta e interpreta i
risultati dell'indagine. Qual è la situazione odierna Come spiegano Dietmar
Ausserhofer, Christian Wiedermann, Giuliano Piccoliori e Adolf Engl, i
risultati emersi forniscono alcuni suggerimenti su come ampliare i servizi
esistenti, adeguandoli a fabbisogno e desideri espressi dall'utenza.
La popolazione anziana
altoatesina intervistata nel corso di questo studio si dichiara molto
soddisfatta del suo stato attuale, in particolare per quanto concerne
situazione abitativa e familiare. Tuttavia, è stato anche espresso il desiderio
di disporre di pensioni più alte e di un accesso semplificato alle prestazioni sanitarie.
La famiglia è un aspetto centrale per la qualità di vita delle persone anziane.
Oltre la metà di loro vive con un compagno o una compagna; la maggior parte di
questi (il 69%) dichiara di godersi il tempo trascorso insieme. L'80% delle
persone anziane ha figli, che nel 95% dei casi offrono il proprio supporto,
soprattutto attraverso l'ascolto e l'aiuto per risolvere problemi legati alle
nuove tecnologie. Viceversa, circa la metà della popolazione anziana
interessata aiuta i figli con le proprie conoscenze ed esperienze, o dando una
mano in cucina, a fare la spesa o nei lavori di casa.
Il supporto economico
viene garantito più frequentemente dalle persone anziane ai familiari e ai
parenti (22%) che viceversa (6%). Quattordicimila «fragili» Oltre la metà delle
persone intervistate ritiene che il proprio stato di salute sia discreto o
cattivo. Il 27% di loro soffre di una perdita dell'autonomia da moderata a
grave (si tratta delle persone cosiddette fragili); nella fascia dai 75 agli 84
anni sono il 14% e nella classe d'età dagli 85 anni in poi il 63%. Questi dati
sono paragonabili a quelli internazionali. In termini assoluti, delle circa
51.000 persone dai 75 anni in su che in Alto Adige vivono a casa propria,
14.000 sono da classificare come fragili, ovvero con una perdita di autonomia.
Alcuni studi scientifici
hanno dimostrato che in caso di fragilità aumenta la probabilità che in futuro
insorgano effetti negativi, ad esempio un maggiore fabbisogno di servizi
sanitari e sociali o un aumento della dipendenza da altri e delle proprie disabilità.
Ù
Aumenta il fabbisogno, I
risultati emersi evidenziano che sono soprattutto le persone fragili ad aver
bisogno di prestazioni di cura (82%), che vengono fornite da familiari (63%),
badanti (21%), assistenza domiciliare (16%) e assistenza infermieristica
domiciliare (10%). A fine 2022, in Alto Adige oltre 15.000 persone non erano
autosufficienti; di queste il 75% veniva assistito a casa e un quarto nelle
residenze per anziani. «Senza l'aiuto dei familiari, anche in Alto Adige il
sistema di cura, che di per sé funziona bene, collasserebbe», spiegano gli
esperti.
La principale prestazione
economica diretta per le persone nella nostra provincia è l'assegno di cura. Ai
familiari viene offerta come ulteriore supporto la copertura previdenziale dei
periodi di cura. «Per poter garantire in futuro la cura a domicilio andrebbe
valutata anche un'indennità salariale per i familiari curanti». Allo stesso
tempo, così nel rapporto finale, «occorre rafforzare le strutture di
lungodegenza in modo da coprire il crescente fabbisogno fino al 2050».Oltre il
40% delle persone anziane intervistate ha dichiarato di essere disposto a
vivere, in caso di perdita della propria autonomia, in una residenza per
anziani, in una residenza assistita o in un alloggio per anziani, o in altre
forme abitative (tipo case pluri-generazionali).
Dall'indagine è emerso
che il 31% delle persone anziane vive da solo (soprattutto donne) e che il 20%
non ha figli. «Tuttavia, è proprio la solitudine ad avere ripercussioni
negative sulla salute. Le persone senza contatti sociali frequenti sono più a
rischio di incorrere in ictus, ansie, demenza, depressioni, suicidio». Il nodo
della sanità Quasi tutte le persone intervistate dai 75 anni in su nei 12 mesi
antecedenti al sondaggio hanno avuto bisogno di almeno una visita o un
trattamento. Tuttavia, oltre la metà auspica un accesso più semplice alle
prestazioni sanitarie. Secondo gli esperti «andrebbe pertanto verificato se le
persone fragili abbiano, ad esempio, la priorità nell'accedere a prestazioni
specialistiche ambulatoriali».
Considerando che la
digitalizzazione fa grandi progressi anche nel settore sanitario, «si potrebbe
inoltre ampliare l'accesso alle prestazioni attraverso la telemedicina e
l'utilizzo di apparecchiature mobili; una parte delle persone intervistate
sarebbe infatti disposta a ricorrere a questa soluzione». Il 38% ha dichiarato
di utilizzare quotidianamente uno smartphone, e il 29% di navigare in internet.
La maggior parte delle
persone anziane dipende però dai propri familiari nell'uso degli strumenti
tecnologici. «In tal senso sarebbe auspicabile un maggiore supporto da parte
della collettività. Iniziative mirate lanciate dalla pubblica amministrazione per
la formazione digitale potrebbero supportare la generazione anziana in quanto
"migranti digitali"». Malattie gravi e desideri
Per quanto concerne i desideri in caso di malattia grave, l'11% degli
intervistati ha risposto di avere già parlato con il proprio medico delle cure
da somministrare; altrettanti hanno redatto un documento ufficiale (testamento
biologico o disposizioni anticipate di trattamento).
Tuttavia, il 52% risponde
di non averci mai pensato e il 22% preferisce non rispondere. Alla domanda
relativa al luogo in cui si vorrebbe morire, il 55% ha risposto a casa propria.
Un quarto degli intervistati ha preferito non rispondere.
05/07/2024 ALTO ADIGE - Davide Pasquali